Tra
Lazio ed Abruzzo, ove al tempo di Federico II si trovava il luogo più
settentrionale del Regno di Napoli, ai confini con il Regno della
Chiesa, si ritrova l'antico e frequentatissimo Santuario della SS.
Trinità di Vallepietra.
Appoggiato
sulla piazzola a strapiombo sul Monte Autore, ad oriente della
provincia romana, all'altezza di oltre 1300 metri, il Santuario è
meta del pellegrinaggio delle genti laziali ed abruzzesi:
un cammino duro e faticoso, fatto per chilometri e giornate da
migliaia di persone che si muovono in compagnie che transitano per i
monti Simbruini, provenienti dai paesi delle provincie
di Latina, di Frosinone, di Roma, di L'Aquila.
Le
manifestazioni della devozione popolare trovano momenti forti a
Maggio e a Luglio con il cosiddetto
pianto delle zitelle, una rappresentazione sacra della Passione di
Cristo, risalente al XVII
secolo, che è cantata da ragazze di Vallepietra all’alba della
festa della Santissima Trinità
che
si celebra nella domenica dopo Pentecoste, e con il pellegrinaggio in
onore di Sant’Anna (26 Luglio).
La
devozione popolare alla Santissima Trinità non trova molti riscontri
nell'area cattolica italiana. Essa è sicuramente espressione
caratteristica della religiosità e della cultura greca e bizantina.
La devozione di Vallepietra ha probabilmente questa stessa
provenienza, ritrovandosi il luogo del santuario nell'area medievale
del Regno di Napoli che corrispondeva all'area antica bizantina che,
da Ravenna a Napoli, contornava i territori latini della Chiesa di
Roma.
Tra
le diverse tradizioni, leggendarie e storiografiche, che affrontano
la questione dell'origine del santuario, si ritrova una
particolarmente accreditabile per gli elementi storico-artistici e
storico-religiosi. In questa tradizione la fondazione del Santuario
viene collegata all'eremo che alcuni monaci basiliani costituirono
sul monte Autore, nell'alto medioevo. Cappadocia è anche il nome di
una località abruzzese sita ad una quindicina di chilometri dal
santuario.
La
tradizione sembra avere un supporto credibile nei contatti che
necessariamente si stabilivano tra le diverse esperienze monastiche,
soprattutto benedettine e basiliane, nell'area e nel tempo
considerati. Sicuramente l'area ove sorge il santuario era luogo
d'incrocio tra la cultura monastica latina di San Benedetto e la
cultura monastica napoletana e bizantina riferita alla regola di San
Basilio.
I
motivi iconografici della pittura presente nello speco della SS.
Trinità di Vallepietra risentono degli
influssi basiliani greco-napoletani: il tema della Trinità, delle
Tre Persone benedicenti alla greca,
e la nobile effigie di Santa Giuliana di Nicomedia, la santa patrona
napoletana delle monache
basiliane di Donnaromita. D'altro canto questi stessi motivi sono
inseriti in un ciclo pittorico
che gli esperti mettono in relazione con le espressioni dell'arte
benedettina del Sacro Speco
di Subiaco, culla del monachesimo latino che in linea d'aria si
ritrova vicinissimo al Santuario
di Vallepietra.
Le
considerazioni storico-artistiche sono ancora più avvalorate dal
rilievo del processo storico-religioso
che, dal tempo di Carlo Magno, dall'IX secolo, portò
progressivamente la regola latina di San Benedetto ad essere adottata
anche dai monasteri basiliani presenti nell'area
napoletana-bizantina, i quali andarono assumendo espressioni e
configurazioni latine fino a divenire essi stessi monasteri
benedettini.
Ad
esempio le monache basiliane napoletane, devote alla Santa Giuliana
effigiata a Vallepietra e della quale esse custodivano le sacre
spoglie, si trasformarono nel XIII secolo in benedettine cistercensi
ed ebbero estensioni del loro ordine anche nell'area umbra.
L'eremo
basiliano di Vallepietra, luogo originario del Santuario della SS.
Trinità, appare così come una ipotesi storiografica ricca di
significati e come modello della persistenza di un incrocio tra le
culture monastiche antiche, quella del deserto (nel santuario è
anche effigiato Sant’Antonio abate padre del monachesimo eremitico)
quella greca e quella latina, che lo stesso San Benedetto aveva già
cercato di contemperare nelle sua Regula Monachorum.