martedì 3 settembre 2019

Santuario della SS.ma Trinità di Vallepietra


Tra Lazio ed Abruzzo, ove al tempo di Federico II si trovava il luogo più settentrionale del Regno di Napoli, ai confini con il Regno della Chiesa, si ritrova l'antico e frequentatissimo Santuario della SS. Trinità di Vallepietra.
Appoggiato sulla piazzola a strapiombo sul Monte Autore, ad oriente della provincia romana, all'altezza di oltre 1300 metri, il Santuario è meta del pellegrinaggio delle genti laziali ed abruzzesi: un cammino duro e faticoso, fatto per chilometri e giornate da migliaia di persone che si muovono in compagnie che transitano per i monti Simbruini, provenienti dai paesi delle provincie di Latina, di Frosinone, di Roma, di L'Aquila.
Le manifestazioni della devozione popolare trovano momenti forti a Maggio e a Luglio con il cosiddetto pianto delle zitelle, una rappresentazione sacra della Passione di Cristo, risalente al XVII secolo, che è cantata da ragazze di Vallepietra all’alba della festa della Santissima Trinità
che si celebra nella domenica dopo Pentecoste, e con il pellegrinaggio in onore di Sant’Anna (26 Luglio).
La devozione popolare alla Santissima Trinità non trova molti riscontri nell'area cattolica italiana. Essa è sicuramente espressione caratteristica della religiosità e della cultura greca e bizantina. La devozione di Vallepietra ha probabilmente questa stessa provenienza, ritrovandosi il luogo del santuario nell'area medievale del Regno di Napoli che corrispondeva all'area antica bizantina che, da Ravenna a Napoli, contornava i territori latini della Chiesa di Roma.
Tra le diverse tradizioni, leggendarie e storiografiche, che affrontano la questione dell'origine del santuario, si ritrova una particolarmente accreditabile per gli elementi storico-artistici e storico-religiosi. In questa tradizione la fondazione del Santuario viene collegata all'eremo che alcuni monaci basiliani costituirono sul monte Autore, nell'alto medioevo. Cappadocia è anche il nome di una località abruzzese sita ad una quindicina di chilometri dal santuario.
La tradizione sembra avere un supporto credibile nei contatti che necessariamente si stabilivano tra le diverse esperienze monastiche, soprattutto benedettine e basiliane, nell'area e nel tempo considerati. Sicuramente l'area ove sorge il santuario era luogo d'incrocio tra la cultura monastica latina di San Benedetto e la cultura monastica napoletana e bizantina riferita alla regola di San Basilio.
I motivi iconografici della pittura presente nello speco della SS. Trinità di Vallepietra risentono degli influssi basiliani greco-napoletani: il tema della Trinità, delle Tre Persone benedicenti alla greca, e la nobile effigie di Santa Giuliana di Nicomedia, la santa patrona napoletana delle monache basiliane di Donnaromita. D'altro canto questi stessi motivi sono inseriti in un ciclo pittorico che gli esperti mettono in relazione con le espressioni dell'arte benedettina del Sacro Speco di Subiaco, culla del monachesimo latino che in linea d'aria si ritrova vicinissimo al Santuario di Vallepietra.


Le considerazioni storico-artistiche sono ancora più avvalorate dal rilievo del processo storico-religioso che, dal tempo di Carlo Magno, dall'IX secolo, portò progressivamente la regola latina di San Benedetto ad essere adottata anche dai monasteri basiliani presenti nell'area napoletana-bizantina, i quali andarono assumendo espressioni e configurazioni latine fino a divenire essi stessi monasteri benedettini.
Ad esempio le monache basiliane napoletane, devote alla Santa Giuliana effigiata a Vallepietra e della quale esse custodivano le sacre spoglie, si trasformarono nel XIII secolo in benedettine cistercensi ed ebbero estensioni del loro ordine anche nell'area umbra.
L'eremo basiliano di Vallepietra, luogo originario del Santuario della SS. Trinità, appare così come una ipotesi storiografica ricca di significati e come modello della persistenza di un incrocio tra le culture monastiche antiche, quella del deserto (nel santuario è anche effigiato Sant’Antonio abate padre del monachesimo eremitico) quella greca e quella latina, che lo stesso San Benedetto aveva già cercato di contemperare nelle sua Regula Monachorum.

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